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martedì 17 gennaio 2017

SANREMO


In un saggio di 220 pagine, un esegeta marxista di rigorosa dottrina, certo Borgna, ci accusa tutti di non aver capito che il festival di Sanremo, in questi giorno celebra la sua trentesima edizione, “è stato teatro, per dirla gramscianamente, di una vera e propria lotta per l’egemonia tra l’arretrato e il progressivo”; che Romantica di Rascel, per esempio, da tutti presa sotto gamba, “col suo richiamo alle virtù del bel tempo antico, aggiunge il tocco finale all’intento regressivo-restauratore”; e che versi apparentemente innocui come Sei nata Paperina-che cosa ci vuoi far? nascondono  “una morale decisamente rinunciataria che predica rassegnazione a oltranza e supina accettazione del proprio stato d’inferiorità sociale”. Una volta scrivemmo che dei primati di cretineria raggiunti a Sanremo, quello dei parolieri era imbattibile. Non avevamo previsto i sociologi.


( Controcorrente – Indro Montanelli 9.febbraio 1980)

mercoledì 11 gennaio 2017

A PROPOSITO DI TERREMOTI


(Indro Montanelli – “Controcorrente” – 11.8.1976)
L’abbiamo sempre detto: niente di quanto oggi si pubblica ispira più pensieri e riflessioni della Gazzetta Ufficiale. Prendete, ad esempio, quella numero 184 del 14 luglio u.s. Vi si legge che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il decreto che dispone le norme e regole cui devono attenersi “le opere definitive nelle località colpite dal terremoto”. La nostra mente, come quella dei lettori, corre subito al Friuli. Ma poi ci si accorge che il legislatore, in Italia, non corre altrettanto in fretta. Il terremoto in questione è quello del 13 gennaio del 1915. Amici friulani, cominciate pure a ricostruire le vostre case, anche senza regole e norme. Alla peggio, vi ordineranno di demolirle del 2037.

venerdì 9 dicembre 2016

UN MESTIERE DIFFICILE


Il mestiere meno conosciuto in Italia è certo quello di cittadino. Mestiere duro ma esaltante che, come tutti i mestieri, ha le sue regole. La prima regola per non essere sudditi servili, ma cittadini consapevoli, è quello di conoscere la Costituzione della repubblica, leggerla è come leggere un libro proibito, un libro che insegna un’arte marziale, perché dà una carica di dignità civica e di coraggio incredibili.
La seconda regola è quella di non comportarsi mai servilmente, per esempio non chiamando un deputato “onorevole” o un ministro “eccellenza”, perché questi aggettivi abbassano chi li usa al livello di suddito; mentre invece, per paradosso, è il cittadino che dovrebbe esigere di essere chiamato onorevole da chi ha accettato di servire il popolo a pagamento: dal ministro sino all’ultimo usciere ministeriale. E con quale sfacciataggine e cattivo gusto i deputati addirittura si firmano “onorevoli”, qualcuno persino quando non fa più parte della legislatura?
Ma perché la stampa, la radio e la televisione non danno il buon esempio ricordando che la Camera si chiama dei deputati e non degli onorevoli?
L’arroganza, è da precisare, se è deplorevole quando rivolta dagli uomini che coprono funzioni pubbliche verso il cittadino, è viceversa salutare per la democrazia quando sia civilmente ma fermamente manifestata dal cittadino sdegnato per la cattiva o disonesta gestione della cosa pubblica.
La terza regola è quella, se l’occasione si verifica e purtroppo da noi si verifica spesso, di insegnare democrazia per esempio a chi non per meriti di competenza, ma per bizantinismi politici è nominato ministro e nel suo operare si comporta anziché come un servitore del popolo, come un uomo al potere che dal Palazzo, difeso dalle immunità parlamentari, ritiene di poter compiere ogni sopruso verso chi considera suddito.
E, sempre nel campo educativo, un altro compito insolito del cittadino è quello di stimolare quei concittadini, e sono molti, che non essendosi mai nutriti di democrazia e di civismo leggendo la nostra Costituzione, ritengono di doversi occupare soltanto dei propri affari e problemi, disinteressandosi della cosa pubblica, che poi in definitiva è di noi tutti. Questo perché nelle scuole non si insegna o si insegna male, in modo noioso e incompleto, l’educazione civica, e perché nessun governo ha mai dato importanza a questo fondamentale insegnamento.
Il mestiere di cittadino è un mestiere difficile, anche perché bisogna saper convogliare la propria carica di aggressività, che è una parte insopprimibile di tutte le specie animali viventi, uomo compreso, anziché in direzioni stupidamente distruttive, verso comportamenti costruttivi.
La quarta regola impone al cittadino il diritto-dovere di difendere l’ambiente nel quale vive. Di difenderlo a oltranza con tutti i mezzi che la Costituzione e le leggi gli forniscono: educando i giovani al rispetto del verde, alla protezione degli animali, alla salvaguardia del paesaggio, mobilitando le autorità responsabili e denunciando alla magistratura ogni infrazione.
E per finire, la quinta regola: provate ogni giorno a farvi un esame di coscienza, domandatevi: “Ed io che cosa ho fatto oggi, non per il mio arricchimento culturale od economico che sia, ma per la società nella quale sono inserito?”.
Solo esercitando sempre e in ogni occasione il mestiere di cittadino, si costruisce il paese e si diviene protagonisti della democrazia.
(Alberto Bertuzzi: “Scusate signori del Palazzo”)

lunedì 5 dicembre 2016

SAEGNALAZIONE DI INFRAZIONI

"... inviare le fotografie alle autorità competenti, al fine di segnalare le infrazioni altrui, è condotta lecita. L’invio esclusivo e riservato alle autorità amministrative competenti costituisce infatti esercizio della facoltà, riconosciuta ad ogni persona, di segnalare gli illeciti di cui sia venuto a conoscenza. Si tratta di comunicazione di dati altrui ad amministrazioni pubbliche, in quanto tali obbligate alla riservatezza e all’utilizzo degli stessi nei limiti imposti dalla legge."

IL CAMINO CHE FUMA


Dal camino di uno stabilimento ai margini della strada alla periferia di un paese, usciva un gran fumo nerastro che inquinava tutta l’atmosfera all’intorno. Ma nessuno interveniva a porre rimedio a questo scandaloso inquinamento atmosferico che, oltretutto non soltanto dava disturbo ma forse anche nuoceva alla salute degli abitanti.
Finché un giorno accadde questo.
Camminava per la strada un uomo a passo svelto. Giunto nelle vicinanze dello stabilimento si fermò proprio davanti al camino che continuava ad eruttare fumo nerastro. Lo guardò, ebbe due o tre colpi di tosse. Lo si vide sbracciarsi indignato e lo si udì imprecare contro lo stabilimento inquinante. Ma il brav’uomo a tutto questo si limitò perché dopo altri due o tre colpi di tosse proseguì il suo cammino imprecando e pensando che qualcuno o le autorità avrebbero provveduto.
Di lì a poco, passò un altro in bicicletta e giunto anche lui dinanzi allo stabilimento si fermò e rimase lì quasi impietrito ad osservare quel maledetto camino che fumava. Ed anche lui tossì, tossì più volte. Alla fine cominciò ad imprecare, non solo, ma coricata la bicicletta a terra sul bordo della strada, raccolse un sasso e rabbiosamente lo lanciò contro un vetro dello stabilimento mandandolo in frantumi. Quindi, ripresa la bicicletta, soddisfatto proseguì per la sua strada. Quest’uomo aveva semplicemente scaricata la sua aggressività in un modo per così dire distruttivo ma inutile in quanto quel camino avrebbe ancora continuato a fumare.
Ma ecco che accadde l’evento atteso.
Sopraggiungeva un’automobile che, giunta nelle vicinanze dello stabilimento, rallentò per finire ad arrestarsi poco più in là del camino che continuava ad eruttare nell’aria il fumo irritante e nerastro.
Scese un giovane che subito si mise ad osservare attentamente un così evidente caso di inquinamento atmosferico. Ed anche lui si mise a tossire. Ma anziché imprecare o lanciare sassi, fece uscire di tasca due armi micidiali, però intendiamoci, non due armi da guerra ma due armi democratiche, carta e penna. E scrisse il nome della società che appariva sull’insegna, il nome della via, il giorno e l’ora. Quindi risalì nell’auto e anche se era pressato dai suoi impegni quel giovane si fermò ancora. Ma questa volta davanti al municipio del paese. Chiesto del comandante dei vigili urbani gli fece verbalizzare quanto aveva osservato invitandolo a prendere i provvedimenti di legge.
Di fronte a queste segnalazioni, le autorità, se non vogliono incorrere a loro volta nel reato di omissioni in atti d’ufficio previsti dall’art. 328 del codice penale, debbono applicare l’art. 674 dello stesso codice nel quale si dice: “Chiunque provoca emissioni di gas, di vapori o di fumi, atti a offendere, imbrattare o molestare persone, è punito con l’arresto o con l’ammenda”.
Quali conclusioni trarre da questo racconto? Una e semplice: soltanto il terzo si è comportato da cittadino in quanto ha dedicato il suo interessamento in difesa di un bene che non gli appartiene del tutto perché è un bene collettivo, cioè in difesa dell’aria che respiriamo. E tanto più meritorio è stato il suo interessamento in quanto quell’automobilista era in transito e non residente nella località inquinata.
(Alberto Bertuzzi – Scusate signori del palazzo)

domenica 23 ottobre 2016

ESPOSTO DENUNCIA

Più che una denuncia è preferibile presentare un esposto denuncia, senza precisare un reato determinato ma stando alla generica formulazione di una ipotesi di reato. Salvo il caso nel quale i fatti possano chiaramente configurare un reato a termini di quel codice penale che converrà sempre consultare valendosi soprattutto dell’indice analitico alfabetico per materia, ove sarà più facile verificare il reato corrispondente per ogni singolo caso, come ad esempio il fumo, il rumore, le omissioni in atti di ufficio, ecc…
         La denuncia o l’esposto denuncia che sia, non va compilata su carta bollata ma su carta semplice e va indirizzata e presentata al pretore competente per territorio o, nel caso di sede della procura della repubblica, a quest’ultima. Sarà quindi il procuratore della repubblica ad assegnare l’eventuale indagine istruttoria al magistrato competente.
         Purtroppo però molti cittadini temono le reazioni del denunciato specie se si tratta di personaggio notoriamente potente, aggressivo e vendicativo. Ed inoltre paventano conseguenze imprevedibili e spese.
Nulla di tutto ciò, perché se i reati denunciati o i fatti segnalati corrispondono alla verità, sarà l’indiziato, anche se potentissimo, a temere il rigore della legge e ben si guarderà dal formulare anche velate minacce al cittadino che potrebbe segnalarla alla magistratura aggravando così le imputazioni.
         Chi voglia difendere la cosa pubblica dalle arroganze, disonestà o semplici disattenzioni del cosiddetto potere, non ha che da applicare quanto sopra illustrato. Ed allora avrà il diritto di riconoscersi cittadino.
         Chi non sentirà questo diritto-dovere non dovrà lamentarsi delle vessazioni e delle ingiustizie né della disonestà degli uomini politici. Perché non sarà servito ma vessato da chi, con la propria vigliaccheria civica, ha finito per meritare.

(Alberto Bertuzzi – Scusate signori del palazzo)

mercoledì 13 agosto 2014

LA CARITA’ - CHI HA RAGIONE?


Da “VOGLIAMOCI BENE”– Notiziario mensile della SAN VINCENZO ITALIANA – 1989.

Una semplice lapidaria frase di BRUNO SETTI, primo presidente nazionale del neo Consiglio Superiore della Società di San Vincenzo de’ Paoli Italiana, figura notissima nell’ambiente milanese dove ricoprì incarichi di grande responsabilità.
“PREFERISCO RISCHIARE D’ESSERE IMBROGLIATO DA UN FINTO POVERO, PIUTTOSTO DI CORRERE IL RISCHIO DI NON AIUTARE UNA PERSONA CHE HA VERAMENTE BISOGNO”.

Un articolo pubblicato anni fa, di ANTONIO BIANCHI responsabile per molti anni del Vogliamoci Bene fin dalla sua fondazione e responsabile delle Conferenze aziendali lombarde, fondatore dell’Opera Macchi.
“LA CARITÀ DEVE ESSERE CIECA, MA NON SEMPRE ED ORA MENO CHE MAI”.
Non vorrei essere frainteso e che si pensasse che voglio frenare gli impulsi dei confratelli.
Però tutti noi avremo fatto l’esperienza che spesso, quando ci lasciamo commuovere da suppliche e lamenti di sconosciuti, prendiamo fior di cantonate e, mentre deploriamo poi di avere aiutato un vagabondo a continuare la sua vita disordinata ed oziosa ci rimane anche il rimorso di avere privato un altro, un bisognoso senza colpa, di quanto abbiamo distribuito male. Ed allora? Allora, direi, ricordiamoci specialmente due cose: primo, che nelle virtù cardinali Dio ha messo la prudenza e non quella che chiamiamo bontà, ma che potrebbe attribuirsi a pigrizia quando ci sembra di avere “fatto la carità”, quindi il nostro dovere di cristiano, dando in qualche modo qualche cosina al primo venuto; secondo, che né quello che diamo noi, né quello che danno gli altri basta per le miserie ed i bisogni che sono certi ed indipendenti dalla condotta di chi ne soffre. Poiché a tutto non si può arrivare, riserbiamo i nostri aiuti per questi bisognosi certi, anziché disperderli sui casi dubbi.
Siamo, piuttosto, diligenti nel cercare di appurare questi ultimi.

Anche chi è ridotto a stendere la mano perché disordinato, vizioso, poltrone e vagabondo, diventato forse per cattive dottrine, per abbandono o venuto da lontano senza appoggio in cerca di un pane non sudato, merita compassione, ma per costoro il soccorso impulsivo può nuocere più che giovare. Dobbiamo adoperarci perché a questi spostati si pensi su larga scala in alto e in basso, ma intanto impieghiamo le nostre modeste risorse là dove siamo sicuri che sono bene impiegate”.

domenica 16 febbraio 2014

VUOTI A PERDERE



Che fine ha fatto la proposta di legge per il ricupero del vetro con rimborso? Se ne parlava alcuni anni fa.

Niente di nuovo sotto il sole. Ai miei tempi… i commercianti già lo facevano. Comperi una bottiglia di vino? Si paga la cauzione. Rendi il vuoto? Ti scontano la cauzione.

Penso alla mia vecchia proposta di coinvolgere i ragazzi nel recupero delle bottiglie vuote, soprattutto abbandonate. I Comuni localizzano un punto di raccolta e ad ogni tot di bottiglie consegnate si riceve un buono (o soldini) da spendere in negozi convenzionati.

Sono sicura che anche gli extracomunitari… si darebbero da fare.



Ricordo la bella idea avuta dal gestore di un campeggio sul lago di Como (erano gli anni 80) per risolvere il problema delle bottiglie, soprattutto di birra, abbandonate dai turisti: cari ragazzi, per ogni bottiglia vuota che mi portate avrete un chewing gum. E ha funzionato: i ragazzi facevano a gara per avvistare i… relitti.



Meditate gente, meditate!

mercoledì 15 gennaio 2014

IL COGNOME DELLA MADRE AI FIGLI



(da “La Costituzione comoda” di Alberto Bertuzzi)


“Venerdì 30 giugno 1980 la trasmissione sulla seconda rete di “L’Altra campana, la vostra opinione del venerdì”, condotta da Enzo Tortora, la signora Cinzia Benati di Cento dal pubblico di questa rubrica così all’incirca disse:
"Ma vi par giusto che ancor oggi, dopo tanti proclami di uguaglianza della donna rispetto all’uomo, contenuti anche nella nostra Costituzione, i figli debbano portare sempre soltanto il cognome del padre?
E non siamo noi donne soprattutto a crescere i figli nel nostro seno e metterli alla luce, soffrendo e talvolta persino rischiando la vita?
Perché dunque privare questi nostri figli del cognome di chi li ha messi al mondo?”


In effetti, a decidere sul proprio cognome, dovrebbero in definitiva essere gli interessati e cioè i figli, più dei rispettivi genitori. Ed infatti, avendo due figli, quando essi ebbero raggiunta l’età maggiore ho loro chiesto se avrebbero gradito unire al mio anche il cognome della madre. E con il loro gradimento in data 19 luglio 1971 ottenni il seguente decreto.


“Il Presidente della Repubblica

Vista la richiesta avanzata dalle persone sotto indicate:

visti gli artt. 153 e seguenti del R. Decreto 9 luglio 1939, n. 1238, per l’ordinamento dello stato civile;

sulla proposta del Guardasigilli, ministro segretario di Stato per la Grazia e Giustizia;

decreta:

Bertuzzi Massimo, nato a Valmadrera il 26 agosto 1944 e Bertuzzi Maria Paola, nata a Milano il 13 settembre 1947, entrambi residenti a Milano, sono autorizzati ad aggiungere al proprio cognome quello “Borgognoni”.

Il presente decreto, a cura dei richiedenti, sarà annotato in calce all’atto di nascita delle persone sopra menzionate e trascritto nei registri in corso delle nascite del comune.

Il Guardasigilli, ministro segretario di Stato per la Grazia e Giustizia è incaricato della esecuzione del presente decreto (firmato Giuseppe Saragat e controfirmato da Emilio Colombo).”.


Nella giurisprudenza della Corte Costituzionale relativa all’art. 29 è agevole ravvisare una linea di netta evoluzione, infatti il principio dell’uguaglianza fra i coniugi può superare l’arretratezza tradizionale del comportamento maschilista, solo con il coraggioso e costante esercizio di comportamenti anticonformisti.”

martedì 8 ottobre 2013

IL FINANZIAMENTO AI PARTITI



PERCHE’ NON VOGLIO FINANZIARE TUTTI I PARTITI
(da “Disobbedisco” di Alberto Bertuzzi)
Domenica 22 novembre 1981, nel programma RAI “Tg l’Una”, quando il conduttore Romano Battaglia mi ha chiesto a quale partito ero iscritto, ho risposto di aver aderito a tutti i partiti politici del pittoresco arco costituzionale. E ciò perché la legge n. 195 del 2 maggio 1974 “Contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici” promulgata dall’”indimenticabile” presidente della Repubblica Giovanni Leone e firmata da Rumor, Moro, e Tanassi, mi aveva obbligato a finanziarli tutti: in contrasto oltreché alla mia coscienza, anche al contenuto dell’articolo 49 della Costituzione che afferma il nostro diritto di cittadini ad associarsi “liberamente” in partiti, rendendoci così liberi di finanziare quello preferito.
Ma ora viene il bello: quella legge che regalava ai partiti “soltanto” 45 miliardi l’anno, è stata modificata e integrata alla nuova legge 18 novembre 1981, n. 659, pubblicata sulla “Gazzetta Ufficiale” del 24 novembre, n. 323.
Con questo singolare provvedimento legislativo, i signori del Palazzo, arcifregandosi del momento che imponeva, e impone tuttora, la massima austerità, e approfittando della delega in bianco del popolo sovrano a loro accordata, deputandoli, per cinque anni, al servizio della funzione legislativa, hanno deciso di quasi raddoppiarla. Addirittura con retroattività.
Sicché, a far solo un calcolo approssimativo, nell’arco ipotetico dei cinque anni della legislatura, per ogni parlamentare dovrebbe essere a carico del contribuente, oltreché l’indennità mensile di ciascuno e le altre spese connesse, un supplemento di 500 milioni. Dico cinquecento!
Ma la nuova legge prevede altro mangime: 15 miliardi quale concorso nelle spese per l’elezione dei rappresentanti al parlamento europeo; 10 miliardi per le spese elettorali sostenute nelle elezioni del Consigli delle Regioni; 5 miliardi a integrazione di quanto già avuto per le elezioni dei Consigli delle Regioni a statuto speciale.
Solo per questo motivo si dice sia stato approvato il bilancio dello Stato il 29 aprile 1082! E’ ovvio che nei quattro mesi dell’esercizio provvisorio autorizzato dal Parlamento i gruppi parlamentari percepivano un dodicesimo del loro finanziamento. Non approvando il bilancio al quarto mese dell’esercizio provvisorio, l’erogazione sarebbe… cessata!
Infatti l’esercizio può essere concesso dal Parlamento al Governo, sino a un massimo di quattro mesi, e non oltre.
Ho il sospetto che questa nuova legge per il foraggiamento dei partiti non abbia tutti i crismi della costituzionalità. Infatti non prevede i controlli dei bilanci da parte della Corte dei Conti, nel rispetto del comma 2° dell’articolo 100 della Costituzione.
…………….
Per tutte queste fondate motivazioni, ho quindi deciso di non più rispettare la legge per il finanziamento pubblico dei partiti politici e ho manifestato la mia provocatoria disobbedienza civica, detraendo dalle imposte dovute nella mia dichiarazione dei redditi la somma simbolica di lire 1000 anche se a carico di ciascun contribuente l’onere sia di molto superiore.
………………
Correva l’anno 1981.