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giovedì 31 gennaio 2013

LE TASSE SULLA CASA




Art. 47 della Costituzione Italiana: La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme. Favorisce l’accesso del risparmio popolare, alla proprietà dell’abitazione….

Il signor Bianchi ha risparmiato: vacanze in campeggio, niente rinnovo del guardaroba tutti gli anni, spesa al discount, ha smesso di fumare… e si è acquistato una casa. Su quella casa, frutto dei suoi risparmi, tutelati dalla Costituzione, il signor Bianchi deve pagare le tasse.
Il signor Rossi non ha una casa di proprietà, passa le vacanze in albergo e si gode la vita. Il signor Rossi non ha… risparmi tassabili.
Qualcuno mi spiega come leggere l’art. 47 della Costituzione Italiana?
A mio avviso le tasse sulla casa (IMU, ICI) sono incostituzionali in quanto colpiscono il patrimonio (risparmio) e non il reddito.

Quella che segue è una lettera che avevo inviato al Difensore civico del mio Comune sui criteri di applicazione dell’ICI, ma che attualmente sono applicati anche per l’IMU. A parole, tutti mi davano ragione. 

           “Il giorno 15 luglio 2004 consegnavo all’Ufficio Tributi del mio comune il modulo di variazione ICI avendo acquistato un appartamento da adibire ad abitazione principale.Contestualmente chiedevo il conteggio della quota di pagamento a mio carico per il secondo semestre 2004: mi risposero che avevo tempo fino al 20 dicembre per perfezionare la pratica. Essendo già residente e dovendo denunciare all’anagrafe il solo cambio di indirizzo, mi comunicano che l’operazione avrebbe avuto effetto immediato, dietro una mia semplice dichiarazione verbale. Nessuna verifica da parte dei Vigili Urbani. E’ il 10.8.2004. Il 29 novembre all’Ufficio Tributi mi informano che, non avendo fatto contestualmente al rogito anche il cambio di indirizzo, per il mese di luglio l’aliquota applicata sarebbe stata quella ordinaria del sette per mille, nessuna agevolazione, nessuna detrazione. In quel mese l’appartamento non era considerato abitazione principale avendo dichiarato il cambio di indirizzo il 10 agosto.
Alla stipula del rogito, per usufruire delle agevolazioni fiscali si deve dichiarare:
-        di voler stabilire entro 18 mesi la propria residenza nel Comune dove è ubicato l’immobile oggetto   dell’atto,
-         di non possedere altro fabbricato idoneo ad abitazione,
-         di voler adibire a propria abitazione principale l’unità abitativa acquistata.
Anche nella stipula dei contratti delle varie utenze domestiche si concede un termine di 60 giorni per regolarizzare gli eventuali trasferimenti e non perdere le agevolazioni.
Perché quanto sopra non può valere anche per i Comuni? Nessuno contesta l’interpretazione dell’art. 43 del Codice Civile; non si tratta solo di disquisire sul significato da dare alle parole domicilio, residenza, dimora abituale, possesso, ecc., quanto di riconoscere che se un Cittadino acquista una casa per adibirla ad abitazione principale, gli si deve dare il tempo materiale per entrarci anche fisicamente proprio per consentire, in sede di controllo, di verificare la veridicità della dichiarazione resa e non essere tassato con l’aliquota più alta nel periodo in cui quella casa la deve imbiancare e poi vi deve traslocare. E questo lo hanno ben recepito i gestori delle varie utenze domestiche.
         Una domanda: come verifica l’Ufficio Tributi la veridicità di quanto asserito dal contribuente se per il solo cambio di indirizzo i Vigili urbani non fanno nessun accertamento? Cosa impedisce al Cittadino di dichiarare una data retroattiva?
 “…il periodo di 18 mesi lasciato a disposizione dalla legge al cittadino per evadere le pratiche di residenza è valevole solo per le agevolazioni fiscali dei tributi erariali non per i tributi locali e che in ogni caso è lasciato alla potestà regolamentare degli enti locali la facoltà di derogare alla legge, o prevedere ulteriori trattamenti agevolati rispetto all’impianto normativo originale fa semplicemente pensare che lo Stato agevola il Cittadino, il Comune no. Io non contesto l’applicazione del tributo, sia che si chiami erariale o locale, ma i criteri della sua applicazione.
         L’avv. Luigi Berri nel suo libro “Dei diritti e dei doveri del Cittadino” edito dal Comune di Milano, a pag.335 scriveva: “Quando una disposizione di presta a due interpretazioni: una favorevole ed una sfavorevole al Cittadino, capuffici, dirigenti pubblici e così via spremono le loro meningi per dare copertura all’interpretazione più penalizzante per il Cittadino”.
           
Dopo alcuni mesi L'ICI venne tolta, dopo alcuni anni è arrivata l'IMU, ora... 

lunedì 7 gennaio 2013

L'EDUCAZIONE CIVICA NELLE SCUOLE


Purtroppo l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole è quanto mai trascurato.
         Da parte mia ho cercato di contribuirvi scrivendo con Giorgio Medail e Pierluigi Ronchetti quel libro già più volte citato in queste pagine, Il Pianeta dei cittadini. Esso è destinato oltreché ai giovani studenti delle scuole medie, anche ai genitori ed agli stessi insegnanti. Ed a proposito di questi ultimi voglio riportare alcuni brani di una intervista a Emilio Giuseppe Arlandi, preside dal 1960 del Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Milano e insegnante da 40 anni, pubblicata dal settimanale “Panorama” del 30 giugno 1980.
Arlandi pur riconoscendo che molti giovani docenti “sono alquanto sprovveduti sul piano delle nozioni, dei riferimenti culturali” notava però che essi “sono più ricchi di carica umana, sanno coinvolgere i ragazzi, gli fan fare l’amore con la loro materia. Preferisco di gran lunga loro a certi super-dotti, che facevano l’esame con l’orologio sul tavolo.”
         Ed ecco l’ultima domanda di questa intervista:
         “Eppure, prof. Arlandi, l’ignoranza verificata dei professori ha indotto molti stati come gli Usa, a sottoporre periodicamente il docente a esami, per accertare non solo come insegna, ma cosa sa”.
         “Io sarei favorevolissimo” ha risposto Arlandi “ben venga un accertamento dell’idoneità professionale specifica, sia a livello iniziale, sia nel corso della carriera, per verificare se i signori docenti nel corso degli anni non si siano addormentati sugli allori. Magari mai mietuti.”
         Nell’ambito dell’insegnamento dell’educazione civica, che dovrebbe ovviamente dare molto spazio allo’insegnamento della Costituzione, si dovrebbe anche parlare dell’educazione sessuale, di quella alimentare ed anche dell’educazione stradale. E a proposito di quest’ultima, basti pensare che nel 1979 sulle strade italiane abbiamo avuto ben 8.326 morti e 219.580 feriti (nel 1978, 7.965 morti e 207.556 feriti). Sono dati agghiaccianti. In base a recenti statistiche, se in Italia tutti i giovani che vanno in motocicletta o in motorino portassero obbligatoriamente il casco, avremmo addirittura 1.000 morti in meno all’anno!
         “Solo una sana educazione al lavoro, al risparmio e all’onestà civile e politica, un’educazione basata sui sani principi enunciati dalla Costituzione ed impartita dai genitori nella famiglia, dagli insegnanti nelle scuole di ogni ordine e grado e dai sindacati nella società, potrà evitare alla Nazione di assistere ancora ad altri scandali di appaltatori, di petrolieri, di palazzinari, di imprenditori, di banchieri, di calciatori e di politicanti. Solo una educazione morale ed anche religiosa potrà creare una società di cittadini onesti, laboriosi, risparmiatori e giusti. Orgoglio e vanto della Nazione.” Così scrisse Guglielmo Di Benedetto sul settimanale “La coscienza del cittadino” n. 15 del 22 maggio 1980.
         E per finire ricorderò che il mensile “Mondo Economico” del 31 maggio 1980 ha dedicato un articolo sulla opportunità di raccontare la formazione scolastica al mondo del lavoro. In altri termini condurre i giovani in visita nelle industrie più interessanti e qualificate, per progressivamente abituarli ad uscire dall’ambito scolastico, ed entrare nei vari templi del lavoro nei quali un giorno ciascuno dovrà per così dire officiare. Ne sarà stimolata la fantasia creativa dei giovani ed in quelli più maturi nasceranno le vocazioni e si predisporranno le scelte.

Da “La Costituzione comoda” di Alberto Bertuzzi