(Dal libro “60 ritratti di
Alberto Bertuzzi”)
Prima di conoscerlo di persona, di Alberto Bertuzzi avevo
l’idea che si trattasse di un maniaco “rompiscatole”. Ricevevo da lui – e
sapevo che lo stesso avveniva a tanti altri parlamentari e ministri – lettere
perentorie per conoscere quale fosse il reddito annuo dichiarato alle Imposte
oppure se per andare in vacanza utilizzassimo strutture statali; o ancora, se
ero veramente laureato o se mi chiamavano dottore abusivamente o al massimo per
una laurea avuta honoris causa.
Prima
ancora che i liberali presentassero una proposta di legge al riguardo e che
alcune Regioni provvedessero per loro conto a crearlo, il dottor Bertuzzi si
era autonominato “difensore civico”. Ed invitava anche dalle pagine di un
settimanale a scrivergli chiunque ritenesse di aver subito un torto da parte di
un pubblico ufficiale.
Ho
l’abitudine di rispondere a tutti (talvolta con qualche forzato ritardo e
arrivano secchi solleciti) e rispondevo anche a questa singolare
corrispondenza, che altri invece cestinava e riteneva abusiva. Vi fu tuttavia
un episodio che me lo fece apprezzare molto. Sulla base di malevole cronache
dei giornali aveva attaccato a fondo un nostro collega, ma poco dopo apparve
chiaro che le critiche erano del tutto infondate. I giornali si guardarono bene
dal rettificare; seppi che Bertuzzi, invece, gli aveva telefonato a casa per
chiedergli calorosamente scusa.
(disegno di Alberto Bertuzzi schizzato da Gianni Brera nel corso di una cena a Milano)